Segnalaci i disservizi di Quarto

Vogliamo mettere in rete i cittadini di Quarto e pubblicare tutte le segnalazioni di disservizi che riscontrano quotidianamente. Scivici a ACCADEAQUARTO@HOTMAIL.it

giovedì 5 maggio 2011

Quarto e camorra, s'indaga sulla costruzione dell'Ipercoop

05/05/2011

Leandro Del Gaudio Controllare voti, per controllare le istituzioni, per poi gestire a piene mani licenze edilizie e business che contano. Un triangolo - voti, affari e politica - disegnato negli ultimi anni dalla camorra targata Giuseppe Polverino. Ne sono convinti gli inquirenti che hanno messo a segno la prima spallata (dopo lunghi anni) al sistema di potere messo in piedi nell’area flegrea. Anni di potere politico ed economico, prima ancora che militare, da parte di un sistema di potere che avrebbe goduto di precise coperture giudiziarie. «Soffiate» per usare l’espressione che campeggia nell’atto d’accusa notificato due giorni fa a trentanove presunti esponenti del cartello dei Polverino. Voti e coperture giudiziarie, ma anche affari. Quarto connection, inchiesta della Dda di Napoli, guidata dal procuratore aggiunto Sandro Pennasilico, dai pm Antonello Ardituro, Marco Del Gaudio, Cristina Ribera. Arresti firmati dal gip Paola Valeria Scandone, c’è una traccia investigativa che non passa inosservata. È la storia della nascita del centro commerciale Ipercoop, o meglio, la storia della conversione della destinazione d’uso di un intero territorio (da industriale a commerciale), tanto per assecondare esigenze di imprenditori, amministratori e politici che finiscono dritto negli atti della Dda. Indagano i carabinieri del comando provinciale del colonnello Mario Cinque, in campo il tenente colonnello Giancarlo Scafuri e il maggiore Lorenzo D’Aloja. Soldi in cambio di voti Siamo nel 2003, quando vengono distribuiti 20mila euro per ottenere voti. Dai cinquanta ai cento euro per elettore, a seconda delle esigenze. Ecco le conclusioni investigative: «Due imprenditori (i nomi sono omissati) hanno raccontato di essere stati contattati da Nicola Imbriani, Castrese Paragliola, Raffaele Vaccaro e Giuseppe Perrotta (ritenuti gravitanti nell’orbita dei Polverino), che si erano attivati per convogliare voti sul candidato dei Polverino». Anno 2003, indagini in corso. Sul punto, gli inquirenti sono chiari: una riunione che serve a mettere a disposizione soldi per far convogliare voti sul candidato di riferimento. C’è un omissis sul nome di batteria. Ancora particolari sul summit: i quattro mettono sul tavolo 20mila euro a testa (totale (80mila), da tradurre in voti, con mazzette da 30 a 50 euro ciascuna. Se non saliamo, ti decapitiamo Tutto condito da espressioni minacciose, tanto da spingere Nicola Imbriani (uno degli indagati) a sibilare un’espressione ad effetto a carico di uno dei «grandi elettori» convocati: «Qua, se non saliamo, ti tagliamo la testa». E qui intervengono gli affari, almeno a seguire il percorso logico del gip Paola Valeria Scandone: «La principale preoccupazione dei soggetti era assicurarsi un successo elettorale, grazie all’esborso di cospicue somme di denaro, per gestire liberamente attività per la costruzione del centro commerciale Ipercoop, con indubbi vantaggi economici per gli appartenenti al sodalizio criminoso, oltre a quelli derivanti dalla mera compravendita del terreno, con guadagno esponenziale a fronte di circa 3 settimane di possesso della citata area». Altra storia, ma stesso scenario, rispetto a quanto tiene per il momento in cella due candidati al consiglio comunale di Quarto. L’attenzione resta concentrata su Armando Chiaro, 35 anni, consigliere uscente e capogruppo Pdl a Quarto e su Salvatore Camerlingo, 27 anni, espressione di «Noi sud». Spiega l’avvocato Amedeo Di Pietro, difensore di Armando Chiaro: «Non mi risulta che sia mai stato arrestato, né che abbia ricevuto condanne. Effettivamente è stato coinvolto in indagini per scambio di voti, ma non legate a ipotesi criminali di natura camorristica». Fatto sta che Chiaro e Camerlingo sono attesi ora dinanzi al gip per raccontare la propria verità, per scrollarsi di dosso l’accusa di essere colletti bianchi della camorra dei Polverino, utili a taglieggiare, a riciclare, a garantire gli interessi della camorra locale. E che interessi. Affare Ipercoop Errato tracciare conclusioni affrettate, eppure, lì nelle migliaia di pagine depositate agli atti dell’inchiesta c’è un’informativa sulla nascita della «più importante struttura economica dell’area flegrea». Anni 2001-2005, ci sono due soggetti bollati come «imprenditori mafiosi», poi le attività di società edilizie, ma anche tutte le attività amministrative in zona. Qual è il punto cruciale? La conversione di un intero territorio da industriale in commerciale, quanto basta a far proliferare licenze, a garantire passaggi amministrativi, a potenziare il controllo di interessi milionari. Tutto lecito fino a prova contraria, eppure le indagini ci sono. Ecco cosa emerge dal provvedimento cautelare spiccato all’alba di due giorni fa: «Emerge, inoltre, in maniera rilevante, il ruolo di due imprenditori mafiosi, entrambi pedine strategicamente necessarie a fornire, grazie alle società ad essi riconducibili fortemente in contatto con le pubbliche amministrazioni locali, un passepartout mondato dalle infiltrazioni degli affari illeciti commessi. È proprio in tale ambito, frutto di un’astuta opera di riciclaggio di proventi illeciti, rientra la costruzione e l’apertura del centro commerciale della catena Ipercoop che avrebbe garantito, grazie anche a manovre speculative, ingenti entrate nelle casse dell’organizzazione». Le talpe Ma la storia della Polverino dinasty, della sua affermazione su un’ampia fetta di territorio metropolitano (da Chiaiano, a Marano, fino all’intera area flegrea) passa anche attraverso il sistema delle coperture giudiziarie. Si parla di soffiate, di informazioni dettagliate provenienti da ambienti giudiziari circa indagini condotte sul conto dei vertici dell’organizzazione. Uffici permeabili, fanno capire gli inquirenti, che analizzano alcune intercettazioni finite agli atti. C’è un’inchiesta della Guardia di Finanza che viene conosciuta nei minimi termini molto tempo prima della sua conclusione. C’è chi parla al telefono e sa di essere intercettati, è a conoscenza del fatto di essere nel mirino delle fiamme gialle. Chi è la talpa? Non è chiaro - si legge agli atti - se la soffiata provenisse da esponenti delle forze dell’ordine o da ambienti della Procura, di sicuro è anche grazie a queste soffiate che il clan di Giuseppe Polverino ’o Barone è cresciuto negli anni del grande silenzio sulla loro saga familiare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

ARTICOLO DE IL MATTINO
http://sfoglia.ilmattino.it/mattino/view.php?data=20110505&ediz=NAZIONALE&npag=33&file=obj_623.xml&type=STANDARD

Nessun commento:

Posta un commento